𝐓𝐇𝐄 𝐆𝐀𝐌-𝐘𝐄𝐎𝐌𝐃𝐎𝐄𝐍
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Quando la sveglia ruppe il silenzio che regnava all'interno della stanza, le palpebre di Jisung tremarono percettibilmente prima di schiudersi.
La camera era avvolta nel buio, ma Jisung notò una figura scura che anche da assonnato poteva giurare non appartenesse ad un mobile o a qualsiasi altra cosa. Era un tipo ordinato lui, perché posizionare qualcosa al centro della stanza?
Lentamente voltò il capo, affondando il viso nella morbidezza del cuscino. Prese dei respiri profondi, strinse la coperta tra le dita ed in un momento di coraggio alzò di scatto il busto, per poi allungare un braccio verso il comodino e acciuffare il telefono. Il dito scivolò sullo schermo e la sveglia si interruppe, facendo cadere la stanza nel silenzio. Jisung accese la torcia del telefono e divincolò le gambe tra le coperte, per poi alzarsi dal letto.
Tenne lo sguardo basso, muovendosi per la stanza con indifferenza, ignorando quella strana figura immobile, sebbene il suo cuore stesse battendo all'impazzata.
Si piazzò di fronte al proprio armadio e si levò il pigiama, abbandonandolo sul letto, per poi indossare dei jeans oversize grigi ed una felpa scura.
Raggiunse la scrivania e afferrò le cuffiette, collegandole al telefono. Sistemò gli auricolari alle orecchie e fece partire una canzone.
Uscì dalla stanza e si spostò in bagno, mostrandosi timidamente allo specchio. Osservò il proprio riflesso e da uno scaffale afferrò un beauty case da cui tirò fuori un fondotinta. Ne applicò un pò sotto gli occhi, per nascondere le occhiaie.
Mentre tamburrelava sulla pelle la spugnetta rosa che Felix gli aveva regalato, notò con la coda dell'occhio una figura bassa passare lungo il corridoio. Un brivido gli corse lungo la schiena, procurandogli la pelle d'oca.
Tentò di concentrarsi sulle parole della canzone, seguendo mentalmente il testo.
Ripose al loro posto gli utensili utilizzati e si lavò le mani, le guardò tremare sotto il getto caldo. In seguito, tirò fuori dalla stessa borsetta di prima lo spazzolino e il dentifricio.
Alzò il volume della musica per sovrastare tutto. Il rumore prodotto dalle setole contro i suoi denti, il silenzio inquietante, il ricordo delle strane figure che lo circondavano. Perché non poteva vivere in pace? Lasciatemi stare.
Poco dopo, con la melodia così alta da essere udita anche senza cuffiette e la torcia del telefono ad illuminare il suo percorso, Jisung si trascinò con passi felpati al piano di sotto.
Abbandonò lo zaino contro una gamba del tavolo della cucina e con fare delicato tirò fuori dal frigorifero e dagli scaffali alimenti per prepararsi un buon panino.
Nel voltarsi per infilare il pranzo dentro lo zaino, vide delle lunghe e scheletriche braccia sbucare dalla scala. Le mani si appoggiarono sugli scalini, tirandosi avanti, e presto anche la testa, seguita dal resto del corpo, si mostrò.
I'm on my worst behavior, don't stop me now
I f- hate this world, so show me a way out
Wake me up from this nightmare, please
I can't stand this reality
Jisung iniziò a muovere la testa a ritmo con la melodia, la propria voce dentro la sua testa un'eco delle parole del cantante.
Richiuse la zip della tasca, controllò l'orario sul telefono e si alzò in piedi, portandosi le bretelle dello zaino sulle spalle.
Si diresse verso la porta, e quando la aprì udì a malapena il trillo della campanellina penzolante. La musica nelle proprie orecchie era così alta.
Non lo vedeva, ma era sicuro che Felix fosse lì, fuori dal cancello, ad attenderlo. Forse lo stava guardando.
Con noncuranza lasciò la proprietà della famiglia Han, chiudendo il cancelletto.
Gli dispiaceva ignorare Felix e non dare alcun segnale, ma non poteva essere sicuro che fosse lì accanto a lui. Qualcuno avrebbe potuto dargli del pazzo se lo avesse visto salutare il nulla.
Camminò lungo la strada deserta, non incontrò nessuno. Vide solo figure scure qua e là, su cui non aveva il coraggio di soffermare lo sguardo.
Questo finché non passò accanto al cancello di una casa, dove notò di avere addosso lo sguardo di un'anziano signore presente nel giardino di quella dimora. Teneva in mano delle grosse cesoie, ed era in piedi davanti ad un piccolo ed ordinato cespuglio.
"Salvati" gli disse, e Jisung percepì il proprio cuore mancare un battito. Distolse velocemente lo sguardo, ignorandolo.
Quella situazione non era qualcosa che Jisung poteva controllare, almeno non così facilmente, ed era certo che anche il signore lo sapesse. La frase pronunciata da costui gli addossò ancora più ansia di quanta già ne avesse.
Slowly, words roll off my tongue
You're everything I need, and it's so dumb
But even when you're puttin' me through hell
I'm not like anyone else
Provò di nuovo ad ignorare il mondo circostante con la musica che fluiva nei suoi timpani, ma ciò lo rese ancora più nervoso. Non poteva continuare a scappare dai problemi, ma che cosa poteva fare? Ebbe l'impulso di tirare le mani fuori dalle tasche e di levarsi le cuffiette con un gesto secco, ma le sue falangi rimasero al caldo tra il tessuto della sua felpa.
Quando giunse in stazione, trovò anche essa completamente vuota, e si avvicinò alla riga gialla lungo il binario, ma mentre camminava il proprio corpo barcollò leggermente. Non ne poteva essere sicuro, ma ipotizzò di essersi urtato con qualcuno. D'altronde la situazione era sempre piena.
Non ci badò, non poteva farlo in quelle condizioni.
Osservò il treno avvicinarsi, fermandosi lentamente. L'unica cosa positiva che aveva vissuto fin da quando aveva aperto gli occhi, fu che una delle porte gli si presentò proprio davanti a sé.
Prese posto, sapendo che quel treno raggiungesse la sua fermata quasi del tutto vuoto. In più, in quei specifici posti sotto al finestrino che davano sul corridoio, non si sedeva mai nessuno.
Tenne lo sguardo basso, cercando di distrarsi con qualsiasi cosa gli passasse per la testa, poiché aveva notato una di quelle strane figure a pochi passi da lui.
La canzone che lo aveva accompagnato per gli ultimi tre minuti terminò, e dopo qualche secondo di silenzio, partirono delle note che scatenarono un brivido che corse dalle orecchie di Jisung fino al collo, dove nella gola del povero ragazzo si era già formato un groppo, raggiungendo poi le braccia.
Il biondo cambiò immediatamente canzone. Sebbene gli risultasse impossibile ascoltarla, non aveva il coraggio di toglierla dalla sua playlist preferita. Non poteva farlo.
Farlo sarebbe stato come eliminare una delle piccole tracce di un'esistenza a lui tanto cara.
Giunse la sua fermata, e scese dal treno. Lungo il tragitto per raggiungere la scuola, percepì il suo corpo venire leggermente tirato verso destra. Era un pò inquietante come cosa, poiché dava un senso di soprannaturale, ma sapeva si trattasse dei tentativi di Felix nell'evitare uno scontro. D'altronde lo aveva avvertito.
Camminare tra i corridoi vuoti della scuola sarebbe dovuto essere il suo paradiso, e invece si era rivelato il suo inferno. Poiché ciò che stava vivendo non era normale, e lo terrorizzava.
Lui, che era sempre stato il destinato numero uno sulla lista degli individui più introversi e ansiosi della terra, odiava vivere momenti in cui il mondo era abitato solo da lui, qualche altro poveraccio e orripilanti creature.
In classe si sedette al solito posto, e sospirò. Sperava solo che la situazione tornasse presto normale.
Non poteva non presentarsi alle lezioni, ne aveva già perse parecchio durante le settimane dopo l'incidente.
Non avrebbe udito alcuna spiegazione dal professore, ma almeno riusciva a leggere ciò che veniva scritto alla lavagna. Trascrisse quindi il tutto sul proprio quaderno. Non comprendeva come funzionassero le cose in quella dimensione, non voleva fermarsi a ragionarci su, non ne voleva avere nulla a che fare.
Delle parole scritte in penna nera apparivano come per magia sulla lavagna bianca, a volte venivano cancellate e sostituite con altre.
La classe era vuota, i banchi abbandonati. Ma sapeva che da qualche altra parte, in un mondo dove lui era presente solo fisicamente e non mentalmente, fosse piena di studenti intenti ad ascoltare la voce del professore, in piedi davanti a quella lavagna.
Una faccia dai lineamenti mostruosi fece capolino dalla porta aperta. Delle dita lunghe ed affilate si appoggiarono lungo il bordo dell'entrata della classe.
Jisung abbassò lo sguardo sui propri fogli, e rimase così finché la campanella della pausa pranzo suonò.
Raccolse il proprio materiale ed attese, rimanendo seduto per qualche altro attimo. Giusto il tempo stimato per fare uscire tutti dall'aula.
Con gli occhi fissi sulle proprie scarpe lasciò la classe e si diresse verso quella sala dove si rifugiava sempre quando gli capitava di non esserci durante le ore scolastiche.
Prese posto al solito tavolino ── se fosse stato occupato si sarebbe sentito tirato verso un'altra direzione ── e iniziò a consumare il proprio pranzo.
Sapeva che Felix fosse lì con lui, e ne ebbe la conferma quando improvvisamente delle voci, dei passi e altri rumori giunsero alle sue orecchie, come se si fosse appena svegliato. Il silenzio che lo aveva circondato per le ultime quattro ore cessò, e in un battito di ciglia la figura di Felix comparve di fronte a lui.
Si sentì così sollevato che non riuscì a reprimere un lieve sorriso.
"Bentornato"
───── ❝ 𝐚𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞 ❞ ─────
questo jisung è così black eye by vernon coded.
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