𝐓𝐇𝐄 𝐋𝐀𝐒𝐓 𝐃𝐀𝐍𝐂𝐄
‧˚꒰🍷꒱༘‧—
❪ being forgotten is common
why are those common occurrences
rather not easy for me?
second life, second life
i know it can't go my way
if I am given a second life
i may live and breathe differently compared to now
among the streets, we'll walk past each other without knowing
i hope we remember each other
even in our next life
even at that time, i'll go to you ❫
Il tram avanzava velocemente verso le fermate da raggiungere, seguendo il tabellone di marcia. All'interno delle carrozze, c'era un'atmosfera tranquilla. Nessuno chiacchierava al telefono, nessuno parlottava con altri passeggeri.
Per il conducente, era una giornata normale, monotona. Quella mattina si era rilassato sul divano, guardando la TV. In seguito aveva pranzato ed aveva fatto un salto ad un minimarket. Quando il cielo aveva iniziando ad oscurarsi, si era accomodato sul sedile, pronto per iniziare il suo turno. Nulla di diverso, nulla di anormale.
Non si poteva dire la stessa cosa per certi passeggeri, tra cui Jisung, che stava tornando a casa da scuola. Il ragazzo non sapeva più definire la parola "normale". E la sua vita era stata stravolta così velocemente, che abituarsi agli avvenimenti delle proprie giornate lo aveva iniziato a spaventare. Non che ultimamente succedesse qualcosa di così gioioso e fantastico, comunque.
Con le cuffiette alle orecchie, la mano ben salda attorno alla maniglia che penzolava e il berretto in testa da cui spuntava la frangia bionda, scrollava con un dito sul display del suo telefono.
A volte sballottava leggermente in ogni direzione, per via dei bruschi movimenti del tram. Di conseguenza, il ciondolo dei suoi orecchini si agitava spesso.
Improvvisamente, la luce all'interno dei vagoni iniziò ad incepparsi, finendo con il spegnersi completamente.
Jisung non battè ciglio, continuando imperterrito a curiosare sul proprio telefono.
Pochi secondi dopo, le lampade si riaccesero in tutte le carrozze.
Con nonchalance, Han ripose il telefono in tasca, girandosi verso destra e appurando che come al solito, tutti gli altri passeggeri fossero spariti.
Alla sua sinistra però, trovò un signore in completo, seduto distante da lui. Al suo fianco, c'era una scura creatura dalla forma per nulla umana.
L'uomo però, guardava dritto davanti a sé, ignorando quel Kkeumjjighan.
Con la coda dell'occhio, Han notò dietro di sé una figura alta, anche essa scura.
Copiò il signore e portò lo sguardo di fronte a sé, sulla vetrata.
Il riflesso di essa mostrava la sua dimensione, in cui ancora tutti i passeggeri erano presenti, ignari di tutto.
La creatura alle sue spalle non era specchiata nel vetro.
Quella volta, Jisung non riuscì a tornare nella propria realtà in qualche minuto, come spesso accadeva.
Anche mentre camminava in strada per raggiungere casa sua, si trovava ancora nel Jingiham.
Poteva constatarlo nel non trovare alcuna anima viva, quando quelle vie erano solite essere ancora frequentate a quell'ora.
Ignorò un Kkeumjjighan appeso a testa in giù su un palo della luce, con i capelli lunghi che penzolavano. Le sue gambe, le sue braccia e il busto erano lunghi in modo anomalo, e sul suo viso si riconoscevano solo gli occhi spalancati e i denti aguzzi.
Di fronte ad una casa, trovò un'uomo che sorrideva ad una bambina affacciata alla finestra, che ricambiava il sorriso. Passò oltre, sentendosi malinconico per loro.
Finalmente, dopo qualche minuto giunse a casa propria. Per fortuna, i suoi genitori stavano già dormendo a quell'ora. Essendo ancora nel Jingiham, non poteva né vederli e né sentirli, mentre loro sì. Sarebbe quindi stato come ignorarli, e il mattino dopo avrebbe di sicuro ricevuto una strigliata.
Per sicurezza, aprì e chiuse la porta nel modo più delicato possibile, per poi avanzare in camera sua con passo felpato.
Rilasciò un sospiro quando giunse tra le mura di essa.
Nel tentare di ignorare i Kkeumjjighan, tenne lo sguardo basso, continuando però a muoversi ed a comportarsi con nonchalance.
Infatti, quando udì un rumore dietro di sé, fece finta di nulla. Si levò gli auricolari, posando il telefono sulla scrivania. Passò al berretto, alla giacca e alla felpa, rimanendo a petto nudo.
Per tranquillizzarsi, decise di osservare la stanza dallo specchio, in cui nulla di inquietante si sarebbe riflesso.
Dunque, si voltò. Con la coda dell'occhio, notò qualcuno seduto sul suo letto. Riconobbe immediatamente il vestiario di quella persona, e alzò di scatto lo sguardo su di essa.
Si pietrificò, nel rivedere il suo ormai ex ragazzo.
Quest'ultimo, morto tre mesi prima, lo fissava con sguardo serio, arrabbiato.
Addosso aveva i capi che indossava il giorno dell'incidente. Era leggermente chinato in avanti, con i gomiti appoggiati alle cosce.
Furono interminabili gli attimi di silenzio, in cui Jisung tentò di processare di avere di fronte a sé il suo defunto ragazzo. Non riusciva a crederci.
Dei suoni sconnessi uscirono dalle sue labbra, e infine pronunciò il suo nome, dopo mesi in cui si era rifiutato di farlo.
"Minho"
Quest'ultimo contrasse la mascella, distogliendo lo sguardo.
Si era mostrato a Jisung per parlargli di una cosa seria, e per quanto stesse tentando di risultare deciso e duro, stava vacillando.
"Jisung" lo chiamò, abbassando gli occhi suoi propri anelli, iniziando a giocarci.
"Quando capirai che sono morto?" domandò.
Per Han, quella frase fu come una pugnalata al petto. Percepì il magone salire, formandogli un groppo alla gola.
Passò qualche altro secondo di silenzio, e la sua voce uscì ancora più tremante di prima.
"Non ci riesco" sussurrò.
Minho spinse la lingua contro una propria guancia ed annuì, alzandosi in piedi.
"Jisung" mormorò nuovamente "Non esisto più ormai. Continuare a pensare che in qualche modo io tornerò da te, non ti porterà da nessuna parte"
"Sei qui, davanti a me" ribatté l'altro, con le lacrime agli occhi.
"Ji, sono un Kkeumjjighan" rispose Minho con tono duro.
"Tra qualche anno diverrò qualcosa di orribile e spaventoso"
A quel punto, Jisung aggrottò le sopracciglia, confuso.
"Perché?" domandò con un filo di voce "Tu non hai...cosa hai fatto?" continuò, sconcertato.
"Ho investito una persona, durante l'incidente" spiegò il castano "Non sono l'unica vittima di quel camion"
"Ma non è colpa tua...non è giu-"
"Pensi che alla morte importi? Ho comunque ucciso qualcuno" lo interrupe Minho, allungando le labbra in un sorriso sarcastico.
Alla vista dell'espressione dispiaciuta di Jisung, sospirò e allungò una mano, accarezzandogli una guancia.
"Non possiamo farci nulla" affermò con un tono più dolce.
Han inclinò leggermente la testa, abbandonandosi a quel contatto.
Alzò una mano, posandola su quella di Minho.
Rimasero in silenzio per qualche attimo, godendosi entrambi quel tocco, mentre si guardavano negli occhi dopo tanto tempo.
"Lo so che sei terrorizzato ogni volta in cui entri nel Jingiham" disse il castano "Non volevi mai guardare film horror. Smettila di vivere nella tua paura più grande. Lasciami andare, non voglio che tu sopporti tutto ciò ancora a lungo"
"Dammi ancora un pò di tempo con te" lo pregò Jisung, afferrando la sua falange anche con l'altra mano.
"No Ji. Devi accettare la realtà, per il tuo bene" tentò di ritirare il proprio arto, ma Han non glielo permise, continuandolo a stringere.
"Minho" mormorò disperato, mentre alcune lacrime gli rigarono il volto.
A quel punto, per Minho la cosa si fece ancora più difficile. Tentò di scacciare le vocine nella sua testa che gli dicevano di aver agito male a mostrarsi, perché ormai era troppo tardi e non aveva senso pentirsene.
"Ji" sospirò "Pensi che per me sia facile?" chiese, non sapendo più come farlo ragionare.
Han tentò di attutire i suoi singhiozzi, per evitare di svegliare i suoi genitori.
"Non posso vivere senza di te" sussurrò con voce tremante.
"Ma devi" ribatté Minho, nel tentativo di trasmettergli fiducia "Lo hai fatto per tre mesi. Ormai le cose sono andate così"
Lo sguardo di Jisung si abbassò sulle sue labbra, poi prese un respiro profondo e tornò a guardarlo negli occhi.
"Solo per stanotte, rimani con me"
Minho, esasperato, scosse lentamente il capo.
"Ti risulterà ancora più difficile poi lasciarmi andare"
"Prometto che mi impegnerò" affermò Jisung con tono supplicante.
"Per favore, baciami un'ultima volta"
E quella frase risuonò così triste, che Minho non potè dire di no ad un ragazzo che avrebbe dovuto passare la sua vita con i ricordi dell'amato.
Sarebbe stato più difficile per entrambi, ma era più forte di loro.
L'ultimo bacio, l'ultima notte insieme.
Infondo diventare un Kkeumjjighan sembrava un regalo da parte della morte per la coppia, nonostante fosse costato una vita.
Minho portò una mano dietro alla nuca di Jisung e le loro labbra si scontrarono, ritrovandosi dopo tre mesi di pura agonia.
Il collo del castano venne avvolto dalle braccia di Jisung, ed entrambi si strinsero a sé per sentirsi vicini.
Non lo avrebbero mai più potuto fare l'uno con l'altro. Minho era destinato a vivere come un fantasma per un pò di anni per poi divenire un mostro per l'eternità.
Jisung invece avrebbe continuato a vivere, e magari un giorno si sarebbe innamorato di qualcun'altro.
Perciò entrambi si godettero al massimo il momento, mentre la schiena di Han trovò il materasso, e con le braccia si portò con sé Minho.
Le sue mani risalirono lentamente lungo la schiena di quest'ultimo e gli levò la felpa, buttandola sul pavimento.
"Com'è possibile...che io riesca a toccarti?" ansimò con le falangi poggiate sulle spalle del castano, intento a baciargli il collo.
"Sei nella mia dimensione, io qui sono qualcosa di concreto" spiegò spostando il viso verso il suo petto.
"Non ne uscirò all'improvviso, vero?" domandò allarmato, alzando leggermente il capo per guardarlo.
"No, siamo noi Kkeumjjighan a comandare" rispose l'altro, lasciando tanti baci sul ventre di Jisung, sapendo quanto gli piacessero.
"Menomale" sospirò Han, inarcando la schiena e chiudendo gli occhi.
Ad entrambi non sembrava vero di starsi toccando, di essere uno davanti all'altro.
Quel giorno Minho era caduto nella tentazione ed era andato a cercare Jisung, notando però che riuscisse ad entrare nel Jingiham.
A quel punto aveva deciso di parlargli, possibilmente in malo modo per lasciargli un brutto ricordo, convinto che così avrebbe accettato la sua morte.
Aveva fallito, ma sapeva bene che Jisung mantenesse le promesse. Magari gli ci sarebbe voluto qualche giorno, o una settimana. L'importante era che ci avrebbe provato.
Ai due ragazzi sembrava che non fosse cambiato nulla, nonostante in cuor loro sapessero che tra qualche ora sarebbe tutto finito, per sempre.
Per questo non potevano smettere di stringersi l'uno all'altro.
Anche da prima che Minho si spinse in Jisung, non si erano staccati un momento.
Lentamente, per l'ultima volta tentarono di godersi ogni movimento, ogni bacio, ogni sguardo, ogni sorriso, ogni attimo.
Minuti più tardi, dopo aver consumato tutta l'eccitazione, si presero un momento per coccolarsi, prima di dirsi addio.
Entrambi sdraiati sul fianco, ad osservarsi ed abbracciarsi.
"Mi mancherai" mormorò il biondo.
Minho sorrise.
"Anche tu mi mancherai"
"Non...potrò proprio più vederti?" domandò Jisung, titubante.
Il castano sospirò.
"No. È meglio di no"
Han annuì leggermente, accarezzandogli la guancia.
"Ti amo"
"Ti amo anch'io" rispose Minho baciandolo.
"Grazie. Per tutto" sussurrò Jisung sulle sue labbra, con voce tremante e lacrime agli occhi.
"Non ti dimenticherò mai"
E in cuor suo, Minho sperava davvero che non lo facesse. Non sopportava l'idea di Jisung tra le braccia di qualcun'altro, ma ormai non poteva fare nulla per cambiare l'avvenire. Non rispose, gli sorrise solamente.
Era pronto a giurare che per il prossimo lasso di tempo che gli era stato ingiustamente concesso di vivere, i suoi pensieri sarebbero sempre andati a Jisung, che lo avrebbe ricordato fino all'ultimo secondo che avrebbe trascorso da umano. Finché avrebbe posseduto anche un briciolo di razionalità. Ironico come anche prima di essere stato investito dal camion, Minho stesse pensando proprio a Jisung.
Passarono la notte a baciarsi, stretti nel loro ultimo abbraccio.
Ad un certo punto, Jisung si mise anche a pregare che quello fosse tutto un'incubo.
Ma sfortunatamente per lui, la mattina dopo si ritrovò da solo nel letto. Nessuna traccia di Minho. Era stato tutto troppo reale per trattarsi di un'incubo. I ricordi del giorno dell'incidente e del funerale ancora vividi.
Morto. Lee Minho era morto.
Chiuse gli occhi, prendendo respiri profondi. Inevitabilmente gli scappò qualche lacrima, ma poco dopo allungò le labbra in un sorriso e schiuse le palpebre.
Gli ci volle qualche settimana per riuscire a mantenere la promessa fatta a Minho.
𝐅𝐈𝐍𝐄.
───── ❝ 𝐚𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞 ❞ ─────
precisazione: Jisung non ha mai sperato di incontrare Minho nel Jingiham perché lui non ne aveva ancora accettato la morte. di conseguenza, l'incontro in quella dimensione lo spinge ad accettare la perdita. si tratta di un "giochetto" mentale.
ad ogni modo, lascio a voi interpretare quante settimane siano volute a Jisung per accettare la morte di Minho. d'altronde i mesi sono costituiti da settimane.
questa storia non è la migliore che io abbia scritto, anzi, trovo che non sia scritta bene, che avrei potuto fare di meglio, ma non tratta un'argomento per me semplice, per via di vari fattori. non dico ciò per ricevere complimenti e rassicurazioni, ma lo dico perché non voglio che la gente creda che io ne vada fiera. però non ho potuto lasciare una trama simile tra le bozze, mi dispiace. ad ogni modo sono sicura che farò una revisione, soprattutto di questo capitolo, ma la storia rimarrà sempre sul profilo.
ho riflettuto anche sullo scrivere un capitolo dal punto di vista di Minho, dato che gioca un personaggio importante in questa storia. in più potrebbe anche farvi afezzionare di più (?). ditemi cosa ne pensate :)
concludendo, spero che questi pochi capitoli vi siano piaciuti, che io sia riuscita a farvi provare qualcosa (possibilmente non disgusto, lol).
su instagram pubblicherò un post apposta anche per questa storia, dove troverete immagini dei luoghi, dei personaggi, delle vibes,...
grazie per aver letto, alla prossima ♡
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