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Capitolo 27




BLAKE POV

delle voci ovattate provenienti dal primo
piano mi svegliarono. voltai la testa puntando gli occhi sulla sveglia. mezzogiorno.

sospirai, poi mi alzai dal letto con gli occhi doloranti, non avevo dormito un cazzo. forse sarà per via della nuova ospite in questa casa.
mi obbligai a spiegare tutto a Sherly appena possibile.
feci una doccia fredda che mi risvegliò completamente, poi infilai una tuta e della maglietta feci a meno.

uscii dalla stanza, ma due figure alla fine del corridoio mi attirarono.
sussultai: una rossa e una bionda.
la prima aveva una smorfia dolorosa, l'altra, invece, un sorriso che non mi piacque affatto.

-Cosa fate?- chiesi, facendo sobbalzare Sherly, che mi rivolse un espressione severa.

-Oh, niente, tranquillo- rispose Sophie con un sorriso a trentadue denti che mi fece insospettire ancora di più.

stavo per ribattere, ma mi fermai perché la rossa se ne andò a testa alta, non mi guardò nemmeno.
decisi di lasciar perdere e scesi le scale.

cominciai a sentire le voci più chiaramente:
-Eccomi, scusa!- la voce di Sherly, allegra come non l'avevo mai sentita.
sul divano del salotto c'erano mio padre e Emily, che entrambi mi rivolsero un sorriso.

ma allora con chi parla lei?

quando mi affacciai sulla cucina, un'onda di rabbia che mi sforzai a reprimere mi inondò completamente.

seduto al mio tavolo, nella mia cucina,
c'era un inglese dai capelli e occhi scuri.
parlottava allegramente con la rossa, lei lo ascoltava e lo guardava con occhi a cuoricino.

a che gioco stai giocando, Sher?

-Conan, vero?- dissi con tono tutt'altro che amichevole, interrompendo la conversazione.
lui mi squadrò, e mi ricordai che non indossavo la maglietta.

-In persona.- sorrise, e poi tornò sulla ragazza ignorandomi di nuovo.
a impedirmi di buttarmi su di lui e iniziare una rossa furono i nostri genitori insieme a Sophie, che entrarono in cucina.

-L'arrosto è pronto, ragazzi, avete fame?-
Emily tirò fuori una padella dal forno e tutti ci sedemmo a tavola.

-Conan, tu che cosa stai studiando all'università?-
a cominciare il discorso fu mio padre, interessato all'ospite.
come biasimarlo, i lineamenti eleganti e da bravo ragazzo potrebbero attrarre chiunque.

-Psicologia, ad indirizzo Adolescenza. Frequento molti corsi simili a quelli di Sherly.-
confermò lui con un sorriso affabile.

-Davvero? vuoi diventare psicologo?-
chiese Emily affascinata.

-Proprio così, lavorerò nello studio di mia madre.-

tutta quella situazione stava per me diventando fastidiosissima. cos'era tutto quell'improvviso interesse per il britannico?
strinsi i pugni sotto al tavolo.

-Conan, di stanza degli ospiti ce n'è soltanto una, ed è quella di Sher. Dove dormirai?-

quella domanda mi fece per qualche strana ragione accapponare la pelle.
ma il peggio avvenne solo dopo:

-Oh, io in realtà gli ho già fatto sistemare la valigia in camera mia.-
la rossa mi guardò per secondi che a me sembrarono infiniti, poi si pulì la bocca con un tovagliolo nascondendo il sorriso diabolico che le nacque sulle labbra.

l'inglese parlò ancora, ma lo interruppi.
-Spero che per voi non sia un...-

-Dormirai in camera mia.-

la mia affermazione attirò su di me gli occhi di tutti. ed era proprio questo: un'affermazione.
non avrei accettato altro.
avrei persino dormito per terra, o anche nel garage, per non fargli passare la notte con lei.

la sua risata solare mi fece alzare gli occhi, dove incontrai i suoi.
smise di ridere, tornando più seria che mai.
-Blake ha voglia di scherzare, ragazzi. Lui non può decidere per me.-

stavo per ribattere, causando probabilmente la fine dei tempi, ma venni interrotto.

-Sher, sei sicura? sarei più tranquilla se...-

-Mamma... Siamo adulti e ci sappiamo controllare. Inoltre, siamo soltanto amici-

Sherly ebbe l'ultima parola e dopo di lei ci furono minuti di silenzio,
in cui nella mia testa insultai nei modi più pesanti i due ragazzi di fronte a me.

-Io e Blake stasera usciamo-
annunciò Sophie, sorridendomi.
i suoi occhi, il modo in cui mi guardava, in cui mi ha sempre guardato, non sono mai riuscito a mandarlo giù.

in realtà il nostro non era un appuntamento,
anzi tutt'altro, ma stetti zitto per vedere la reazione di Sherly, che non tardò ad alzare gli occhi al cielo.

-Prendiamo la mia macchina. Andiamo in una discoteca nella piccola città dietro alla montagna.-
spiegai io.

-Scusatemi, devo andare al bagno.-
disse la rossa prima di alzarsi e sparire oltre la porta, il viso rivolto alle sue scarpe.

non è che ho esagerato? lei ci sta male?
devo spiegarle tutto al più presto.

con la scusa di dover prendere le sigarette mi congedai dal tavolo e raggiunsi il bagno al secondo piano.
quando mi trovai davanti, lei uscì, ma non mi notò subito.
aveva gli occhi leggermente lucidi, e un terribile senso di colpa si fece strada dentro di me.

-Sherly- la chiamai, e lei si girò verso di me di scatto. si risistemò il vestito sulle ginocchia nervosamente.

-Si?-

-io penso che io e te dobbiamo parlare.-
mi avvicinai a lei, lei si allontanò.
mi fece male più di quanto avrebbe dovuto.

-Certo, dimmi tutto. Di cosa vorresti parlarmi? di tutte le cazzate che mi hai detto alla baita? fai pure tesoro.-

esclamò con tono derisorio, e sapere che lei aveva considerato nullo tutto ciò che le avevo detto con fatica, mi svuotò completamente.
-Allora, prima di tutto non...-

-non ti voglio ascoltare.- si tappò le orecchie con i palmi delle mani.
-ho già sentito abbastanza balle da parte tua, in questi giorni. Che cosa vuoi da me?-

"voglio soltanto che tu non soffra".

la sua reazione mi innervosì.
-ah si? e sentiamo, adesso vai a piangere tra le braccia di Conan?- la schernii, e in risposta lei partì in una risata nervosa.

-Piangere? davvero credi di avere il potere di farmi piangere? non crederti così importante per me, Blake.-
mi aggredì con tono rabbioso, e io sussultai per la pesantezza di quelle parole.

sbarrai gli occhi e le mie sopracciglia si incurvarono, le labbra piegate in una smorfia di disprezzo verso la ragazza con cui per un momento, in quella casetta, cullati dal calore di un fuoco, avevo pensato di poter avere davvero un futuro.

l'ira del momento mi fece perdere il controllo delle mie azioni, e scattai verso di lei schiacciandola al muro.
avvicinai il mio viso al suo.
negli occhi avevo impresso tutto, ma, per una sola volta, non il desiderio.

lei cercò di liberarsi dalla mia imponenza, ma la bloccai sbattendo le nocche al muro ai lati della sua testa, causando un tonfo che le fece paura, le sue spalle tremarono.

e sono questi, i momenti, in cui l'odio e il disgusto per me stesso tornano come una tempesta tra i miei pensieri.

mi avvicinai al suo orecchio costellato di piccoli diamantini per sussurrarle.

-Non mi credo importante per te, ma sei solo una ragazzina debole e mi basta dire qualche parola di troppo per mandarti fuori di testa.-

mi pentii subito delle mie parole.
per un secondo pregai qualcuno di inventare una macchina del tempo, e avrei pagato oro per poterla usare.
nonostante questo la rabbia continuò a parlare al posto mio. provai a mordermi la lingua ma non ero più in me.

-Perchè sai qual'è la verità, Carotina?
tu fondamenti le tue sicurezze sui pensieri altrui, e questo ti condiziona la vita in modo indelebile. Pensavi davvero che questo comportamento da cattiva ragazza tenesse botta con me?-

mi sentii male per lei. mi sentii male perché sapevo cosa si prova ad essere smascherati, la sensazione di restare nudi dinnanzi ad una persona.

per un folle momento pensai di chiederle scusa, e forse stavo anche per farlo.
mi precedette lei, con uno schiaffo sul mio viso. un bruciore lungo la mia guancia si estese subito, e mi godetti quel dolore perché me lo meritavo. sapevo di meritarmelo.

-vorrei non fossi mai tornato dall'Europa.-

la vista delle sue lacrime nere perchè miste al trucco sciolto mi fece completamente perdere il senno.
la vidi allontanarsi da me, e avrei davvero,con tutto il mio cuore, consigliarle di non tornare mai più, perché tutto ciò che io le avrei dato erano solo casini su casini.

non sapevo fare altro. solo incasinare la vita degli altri.

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