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✲Capitolo 13 - Hermione Granger✲

"My mind has been unfaithful to me. It has wandered, often, to places I should not go, to dreams I should not dream, to a man I should not want." - Sylvia Plath

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Le mie labbra sono ancora calde dal bacio quando il panico mi colpisce in pieno petto.

Non può essere successo. No, non così.

Il cuore mi martella nelle orecchie mentre faccio un passo indietro, allontanandomi da Malfoy. La Torre di Astronomia sembra improvvisamente troppo stretta, troppo soffocante. Il vento freddo sferza la mia pelle esposta, ma non basta a riportarmi alla realtà. Il respiro mi si blocca in gola quando i miei occhi incontrano i suoi: confusi, intensi, scuri come non li avevo mai visti prima.

«Io...» la mia voce esce dalle mie labbra in un sussurro spezzato.

Devo andarmene.

Senza un'altra parola, mi giro di scatto e corro via, il rumore dei miei tacchi che sbattono sulle scale di pietra rimbomba nella stanza. Ogni fibra del mio essere mi urla di fermarmi, di guardarmi indietro, ma non posso. Non voglio. Non so nemmeno cosa significhi quello che è appena successo, e non ho il coraggio di affrontarlo.

Corro per i corridoi deserti, ignorando i battiti furiosi del mio cuore e il respiro affannoso. Non rientro nella Sala Grande, non potrei sopportare di vedere quei volti fastidiosi e impiccioni, domande odiose a cui non intendo rispondere. Prendo una scorciatoia attraverso un passaggio nascosto dietro una statua, le mani che sfiorano il muro freddo per trovare la strada. Ogni passo che faccio mi sembra troppo lento, ogni respiro troppo pesante. Devo arrivare alla mia stanza, chiudermi dentro e fingere che nulla di tutto ciò sia mai accaduto.

Quando finalmente raggiungo l'ingresso alla Sala Comune dei Grifondoro, il quadro della Signora Grassa mi guarda con un sopracciglio sollevato.

«Mia cara, sembri sconvolta».

«Api Frizzole» La mia voce è più dura di quanto vorrei, ma lei non protesta e il passaggio si apre. Mi precipito dentro, salendo le scale del dormitorio femminile il più veloce che posso.

Appena entro nella mia stanza, mi chiudo la porta alle spalle e mi appoggio contro di essa, il respiro pesante. Il mio corpo trema leggermente, le mani ancora strette ai lati del vestito. Ho bisogno di calmarmi, di pensare, di capire perché ho fatto quello che ho fatto. Ma ogni volta che chiudo gli occhi, sento ancora il tocco delle sue labbra sulle mie, il calore delle sue mani strette attorno la mia vita, la pelle del suo collo morbido sotto le mie mani.

Non posso più negarlo: non era solo rabbia, non era solo l'adrenalina della serata. C'era qualcosa di più, qualcosa che mi spaventa più di qualsiasi altra cosa.

Con movimenti nervosi, mi libero del vestito e mi infilo sotto le coperte, sperando che il sonno spazzi via ogni mio pensiero. Ma la mia mente non vuole darmi tregua. Il calore della mia pelle, il battito ancora irregolare, il desiderio che si irradia nel mio basso ventre... Tutto mi riporta a lui.

Lascio che il mio corpo e la mia mente si rilassi, pian piano entrando in un sonno profondo.

E poi il sogno, quel fottuto sogno, inizia.

Sono ancora nella Torre di Astronomia, ma questa volta non c'è vento, non c'è freddo. Solo lui, che mi guarda con quegli occhi color ghiaccio pieni di lussuria e desiderio. Il suo sguardo mi inchioda, mi toglie il respiro. Mi trovo contro il muro, proprio come poco prima, ma stavolta non c'è rabbia nei suoi gesti. Solo un'intensità bruciante che mi scioglie dall'interno.

Sono ancora nella Torre di Astronomia, ma questa volta non c'è vento, non c'è freddo. Solo lui, che mi guarda con quegli occhi pieni di lussuria e desiderio. Il suo sguardo mi inchioda, mi toglie il respiro. Ad un tratto, mi ritrovo contro il muro, proprio come poco prima, ma stavolta non c'è rabbia nei suoi gesti. Solo una voglia bruciante che mi scioglie all'interno.

«Dimmi di fermarmi» sussurra, la sua bocca a un soffio dalla mia.

Ma non lo faccio. Non posso.

Le sue mani mi afferrano i fianchi, mi stringono con una sicurezza che manda un brivido lungo la mia schiena. Mi preme contro la pietra, il suo corpo contro il mio, e sento il calore che emana, il desiderio che pulsa tra noi, il suo membro duro coperto da strati infiniti di vestiti contro il mio fianco. Le sue labbra scendono lungo la mia mandibola, il collo, lasciando dietro di sé una scia di baci umidi e caldi. Non riesco a trattenere il gemito che mi sfugge.

«Sei mia, Granger» ringhia contro la mia pelle, e sento la sua voce bassa, roca, scivolarmi addosso come una carezza perversa.

Le sue mani esplorano il mio corpo con lentezza esasperante, sfiorando la pelle nuda sotto la stoffa sottile del mio vestito setoso. Le sue dita tracciano linee lungo le mie cosce, il mio ventre, ogni tocco più sfacciato del precedente. Il mio respiro è spezzato, il mio corpo risponde a ogni sua minima provocazione, e quando le sue labbra catturano di nuovo le mie, è come se il mondo attorno a noi svanisse.

Lo voglio. Lo voglio più di quanto abbia mai voluto qualcosa in vita mia.

La sua mano scivola tra le mie gambe, trovandomi già bagnata per lui. Il mio respiro si inceppa, un gemito sfugge dalla mia gola mentre le sue dita si insinuano con una lentezza torturante.

«Sei così bagnata per me» mormora contro le mie labbra, le sue dita che mi tormentano con movimenti lenti e decisi. «Ti piace, eh? Fottuta piccola so-tutto-io, tutta perfettina... eppure guarda come reagisci a me. Al mio tocco».

Le sue parole mi incendiano, il calore nel mio ventre diventa insopportabile, il desiderio tra noi due sale sempre di più. I suoi fianchi premono contro i miei, il suo respiro è caldo sulla mia pelle mentre mi esplora senza pietà, come se volesse marchiarmi, come se volesse dimostrarmi che ormai gli appartengo.

E poi mi sveglio di colpo.

Poco prima di ottenere quello che volevo e ancora voglio.

Il mio respiro si accelera, facendosi pesante, il mio corpo avvolto da un calore insopportabile. Il cuore mi martella contro le costole, la mia mente ancora annebbiata dal sogno che mi ha travolta senza pietà. Mi porto una mano alla bocca, cercando di soffocare un gemito mentre il desiderio brucia ancora sulla mia pelle.

Abbasso lo sguardo e un'ondata di imbarazzo mi colpisce con violenza. Le mie mutandine sono umide, il cotone del mio slip incollata alla pelle. Un brivido mi scuote la schiena mentre cerco di ignorare la pulsazione insistente del mio clitoride tra le gambe, il sogno ancora impresso nel mio corpo e nella mia mente.

Era reale. Troppo reale.

Stringo le coperte tra le dita, il respiro irregolare mentre cerco di razionalizzare quello che è successo. Non posso crederci. Non posso accettarlo. Eppure, ogni parte di me grida il contrario. Non posso negarlo. Non posso più nascondermi dietro menzogne a cui nemmeno io credo.

Mi mordo il labbro inferiore, cercando di scacciare l'immagine di lui, dei suoi occhi ardenti, delle sue mani calde e sicure, del suo corpo contro il mio, della sua voce roca che mi sussurra all'orecchio. Ma più cerco di ignorarlo, più la voglia cresce, scomoda, inarrestabile.

La mia mano scivola sotto le coperte quasi senza che me ne renda conto, le dita che trovano la pelle della mia figa umida e tesa. Un brivido mi attraversa la schiena quando inizio a sfiorarmi il clitoride dolente dalle pulsazioni, cercando di alleviare l'insopportabile fuoco che mi consuma dall'interno. Socchiudo gli occhi, mordendomi il labbro per non gemere troppo forte, lasciandomi trasportare dalla lussuria che non riesco più a soffocare.

Quando finalmente mi penetro con due dita, muovendole con fervore, l'apice del mio piacere raggiunge il suo picco, e il suo nome mi sfugge in un gemito spezzato.

Sono fottuta.

Mi sono appena toccata pensando a Malfoy.

Rendendomi conto di ciò che ho appena fatto, scosto le lenzuola e mi alzo dal letto, cercando di riprendere il controllo mentre mi incammino in bagno. Devo calmarmi. Devo ripulirmi da questo peccato. Ma so che non sarà così semplice. Perché, per quanto io possa cercare di scappare da tutto questo, so che la prossima volta che lo vedrò, il mio corpo ricorderà ogni singolo dettaglio di quel fottuto sogno.

La notte scorre tranquilla da quel momento in poi. Nessun altro sogno, nessuna immagine di me e Malfoy nudi a tormentarmi, solo un sonno leggero e inquieto che mi accompagna fino all'alba.

Quando la luce inizia a filtrare tra le tende del dormitorio, mi sveglio stanca e con, in aggiunta, un mal di testa irritante. Mi stiracchio lentamente nel letto, fissando il soffitto per un lungo momento, cercando di darmi la forza di affrontare la giornata e di affrontare quel duretto biondo. Alla fine mi alzo, mi preparo con gesti meccanici: uniforme, mantello e cartella.

Scendo le scale verso la Sala Comune, dove il fuoco è già acceso e qualche studente sfoglia gli ultimi appunti prima delle lezioni. Nessuno mi nota più di tanto, ed è meglio così. Cammino per i corridoi per colazione e entro nella Sala Grande, prendendo posto accanto a Calì che mi lancia un'occhiata curiosa.

«Tutto bene?» chiede.

«Sì. Solo un po' stanca» rispondo, e mi verso del succo di zucca nel bicchiere.

Non riesco a toccare il cibo invitante che siede sul mio piatto, pregandomi di mangiarlo. La mente è ancora piena di lui.

Di quell'odioso Serpeverde.

E di quel maledetto sogno.

Le lezioni iniziano con Pozioni, e non poteva esserci scelta peggiore. Lumacorno ci osserva con quegli occhi verdi e allegri, trasparendo felicità a tutti, ma tutto quello che riesco a pensare è che Malfoy è seduto due banchi dietro di me. Sento il suo sguardo sulla nuca, lo percepisco anche senza voltarmi. Le sue parole, il suo tocco, quel cazzo di bacio alla Torre di Astronomia, tutto torna a galla con forza, e devo stringere i denti per non mostrare nulla.

Durante la pausa, Dean prova a farmi ridere con le sue barzellette, ma riesco a svicolare con qualche frase vaga, limitandomi a sorridere. Incrocio Malfoy in corridoio, e il suo sguardo incrocia il mio per un secondo che sembra durare ore.

Nessuno dice niente, nessuno ha bisogno di aprire bocca.

L'aria tra noi vibra, come una corda tesa, sul punto di spezzarsi.

Poi Trasfigurazione è un tormento. La McGrannit ci assegna degli esercizi complicati, ma io sbaglio un incantesimo semplice. Alcuni mi guardano stupiti, come se non fosse normale per me sbagliare, e io fingo che non sia successo nulla.

Il pranzo arriva, e ancora una volta mi limito a giocherellare con il cibo. Ogni cosa mi sembra stonata, forzata. Il castello è sempre lo stesso, ma io no. Dentro di me qualcosa è cambiato, irrimediabilmente.

Nel pomeriggio c'è Incantesimi, e finalmente riesco a distrarmi da quel sogno e dal bacio. Vitious ci assegna una dimostrazione pratica, e mi concentro con tutta me stessa, come se lanciare correttamente un incantesimo potesse cancellare ogni pensiero che vaga per la mia mente.

Dopo Incantesimi, abbiamo un'ora buca. Gran parte degli studenti vanno in biblioteca per studiare e fare i compiti, ma io prendo il mio "Cime Tempestose" e scendo nel cortile, dove c'è ancora un po' di sole, nonostante le nuvole tipiche di inizio Novembre. Mi siedo su una panchina di pietra, il libro tra le mani, e inizio a leggere. Ma le parole non vogliono fissarsi nella mia mente.

Dall'altra parte del campo, riconosco il suono inconfondibile delle scope in volo. Alzo lo sguardo: i Serpeverde si stanno allenando a Quidditch. E ovviamente, al centro della scena, c'è lui.

Il vento gli scompiglia i capelli biondi, la divisa verde scuro gli si aderisce al corpo, e il sudore gli lucida la pelle pallida sotto il sole del pomeriggio. Lo osservo mentre plana con eleganza, poi risale in quota con uno scatto improvviso, gli occhi ghiaccianti fissi sul boccino che gli sfugge.

La mia bocca si asciuga, diventa arida. Cerco di far tornare la mia concentrazione al mio libro, ma ormai è inutile. Ogni fibra del mio corpo si accende mentre lo guardo volare. Le cosce mi si stringono involontariamente, il ricordo del sogno mi colpisce come uno schiaffo sul viso.

Lo vedo inclinarsi in avanti sulla scopa, il corpo allungato, le mani forti che stringono il manico della sua Firebolt in un modo quasi...erotico. Il suo viso è concentrato, ma c'è qualcosa di selvaggio nel modo in cui si muove. Il modo in cui il suo corpo si tende, la determinazione nello sguardo... mi eccita.

Chiudo il libro, e un'ondata di desiderio mi stravolge all'interno, facendomi sentire qualcosa di bagnato tra le cosce. Lo guardo mentre scende in picchiata, un lampo verde e biondo tra le nuvole. Il cuore mi batte più forte.

Mi alzo di scatto e torno dentro, il libro stretto al petto. Ho bisogno di allontanarmi da quella vista, da quell'immagine di lui su una scopa che mi sta tormentando più del necessario. Non posso permettere che prenda spazio nella mia testa. È solo attrazione. Una stupida reazione fisica.

O almeno, così mi ripeto.

Quando la giornata finisce e torno in dormitorio, la stanchezza non è abbastanza per soffocare l'inquietudine che mi porto dentro. Mi infilo sotto le coperte con un libro in mano, ma non riesco a leggere più di due righe. Ogni tanto il suo volto mi torna alla mente. E con lui quel sogno.

Stringo i denti. Non voglio che abbia questo potere su di me. Non voglio sentirlo sotto la pelle.

Ma qualcosa, in fondo, mi dice che sarà sempre più difficile ignorarlo.

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